• info@lacittàdelleartiste.it

Articolo generale

riquadri artiste quadri tavolozza donne arte ritratti
Alcune artiste

La Storia dell’Arte era un mondo al maschile, solo gli uomini avevano la possibilità di frequentare una bottega, figuriamoci se alle artiste era concesso aprirne una o raggiungere il successo, la fama… È davvero così? I più recenti studi si stanno muovendo in una direzione diversa, rivelando una realtà ben più complessa. Semplicemente, all’obiezione secondo cui non ci sia documentazione relativa alle artiste in generale si può rispondere che ciò è dovuto al fatto che non si sia cercato a sufficienza negli archivi o nei testi dell’epoca. Vero è che molti grandi nomi di artiste ci sono ben noti, così è il caso di Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Plautilla Bricci, ma molte altre sono ancora lasciate all’anonimato e quindi in parte trascurate dalla critica, come Chiara Varotari, le sorelle Renieri, Caterina Tarabotti, Lucia Scaligeri, Flaminia Triva, Cecilia Brusasorci, e così via. D’altrode la presenza di una donna eccellente in campo artistico era fonte di grande stupore tra i contemporanei e infatti già questo nominarle era indice di estrema bravura, ma spesso si dava poco conto all’atto pratico, alle opere d’arte prodotte.

Una caratteristica che grossomodo tutte le artiste hanno in comune è per così dire la parentela artistica. In genere si trattava della bottega paterna o di qualche fratello, magari ereditata, che dava loro non solo la possibilità di formarsi, ma anche di sostentarsi, avere in fondo un lavoro sicuro e stabile. Ciò ha ovviamente un rovescio della medaglia, cioè il fatto di dedicarsi, sì, all’arte, ma a patto di accettare di sostare in parte  nell’anonimato. Ciò comunque non equivale al completo oblio, basti pensare a Chiara Varotari, un’artista che la critica a lei contemporanea dichiarava attiva in bottega nelle opere del fratello, ma che comunque non era anonima in quanto nota come ritrattista, campo in cui il fratello era meno versato.

Un luogo comune sulle artiste è che non "si sposino", ma è una condizione che certo non appartiene a tutte perché infatti molte sono le artiste sposate. Artemisia Gentileschi lo è, Sofonisba, ma anche Marietta Robusti, Clorinda e Angelica Renieri, Giovanna Garzoni, ecc… Per un pittore sposare un’artista equivaleva a fare un vero e proprio affare: erano altre mani dedite alla bottega che avrebbero contribuito anche solo meramente ad una maggiore velocità di esecuzione delle varie commissioni e quindi ottenendo maggiori guadagni a fine mese.

Altro punto critico è l’iscrizione alla Fraglia degli artisti. Molte artiste non vi compaiono, probabilmente per il fatto che se già un parente stretto risultava iscritto (e quindi era titolare di una bottega), e inoltre pagava le tanse, non c’era l’interesse a pagarne ulteriori. Comunque, pensando al caso di Venezia, se nel ‘500 compaiono molti nomi femminili, nel ‘600 non se ne trovano (eppure artiste come Chiara Varotari erano certamente attive), nel ‘700 invece è presente la sola Rosalba Carriera.

Spesso le artiste erano poliedriche e la loro propria professionalità spaziava in tutti gli ambiti che oggi definiremo culturali. Marietta Robusti e Artemisia Gentileschi oltre che pittrici erano versate nella musica, suonavano più di uno strumento e cantavano.

Le artiste non erano sempre delle recluse e alcune di loro viaggiavano e traevano spunti e insegnamenti, nonché commissioni, nei luoghi in cui si recavano. È il caso di Artemisia (tra Roma, Venezia, Firenze, Napoli e Londra), Sofonisba (artista attiva alla corte spagnola), Rosalba (andrà in Francia, a Parigi) e così via. Altre compiranno magari spostamenti più contenuti, ma non meno significativi (come Chiara Varotari tra Padova e Venezia). Ovviamente c’erano anche coloro che praticavano l’arte all’interno di un luogo claustrale, come Plautilla Nelli, oppure Pierina e Ottavia Robusti, ricamatrici.

Non c’erano solo pittrici e ritrattiste, ma anche scultrici (come Properzia de’ Rossi famosa, ma non soltanto, per le sue opere sui noccioli delle pesche), architettrici (come la romana Plautilla Bricci), ricamatrici, ammanuensi, ecc… Non c’è ambito artistico che non sia stato anche professione femminile.

Pierluigi Rossi