• info@lacittàdelleartiste.it

Blog Single

La Città delle Artiste ospita... Giuliano Boron, l’arte della spatola e la magia del femminile

Giuliano Boron è un’artista che ha fatto della spatola il suo strumento espressivo preferito nella raffigurazione di soggetti femminili intraprendenti, attivi e spesso avvolti in stati d’animo profondi. Il nostro artista dipinge da una ventina d’anni e lo fa all’interno dell’associazione Ars libera. Se la spatola è il suo elemento, anche la combinazione con il pennello gli riesce bene e la sua produzione in generale è vasta e di medio formato. Ci sono anche diverse riprese d’artista, ma parlo appunto di riprese perché non sono copie esatte, bensì più libere interpretazioni. L’artista ha fatto anche qualche ritratto ed una figura maschile, ma sono le donne che lo ispirano e ciò che coglie in loro è espresso nella tela con vivezza.

Donna in viola sul viale d’autunno,

Una donna elegante avanza con sicurezza in un ambiente autunnale, affrontando imperturbabile le intemperie. C’è un’immobilità che è solo apparente e mentre la natura si muove e ondeggia questa donna prosegue il suo percorso e non si lascia turbare. Interessante il colore dell’abito, il viola, che non solo aiuta a stagliare la figura dall’arancio e dal rosso, ma il colore si carica anche di altri significati che hanno certamente a che fare con la sfera della ritualità. C’è una vena quasi magica che aleggia qui e certamente l’autunno non fa che darle enfasi. Gli effetti nella resa, prodotti dalla spatola, danno un piacevole senso che fa ondeggiare l’opera tra definito ed indefinito e ciò da all’intera composizione un tocco poetico.

Nudo blu, ripresa da Pablo Picasso,

In quest’opera la donna è colta in un momento di sconforto, raggomitolata su se stessa come a cercare di proteggere la propria intimità dai mali e dalle difficoltà della vita. Se in Picasso ciò emerge con maggior durezza, qui i toni si fanno più dolci e morbidi con un utilizzo della luce più aggraziato e duttile. Quindi c’è una malleabilità insolita che pare calare questa immagine nelle profondità del mare con quell’effetto insolito di luce rifratta. Il nudo ha la sua corporeità, il suo peso per così dire, ed occupa uno spazio eppure le estremità è come se volessero divenire parte dello sfondo. Che sia dovuto allo stato d’animo della donna? Al suo desiderio di sparire? D’altro canto si potrebbe pensare al contrario e quindi ad un mettersi a nudo, un fare verità, che tocca tutto il reale e con esso si confonde, si mischia. Pare quasi di scorgere una più assorta e meditabonda Sirenetta di Copenaghen.

Libera,

Un mare ondoso e mosso è scosso da un vento mattutino che ha portato con sé le nubi illuminate ora dal sole. In quest’atmosfera ventosa assistiamo quasi ad un mistero, un portento che esprime libertà: una metamorfosi. Una donna è entrata in acqua e spalancate le braccia si rivolge silenziosamente alla natura mentre un gabbiano pare imitare le sue braccia aperte come ad invitarla a seguirlo. Interessante anche la resa dell’abito, con queste pieghe che scorrono in senso opposto a quello delle onde che fanno stagliare la figura. L’idea trasformativa viene dal folklore, una fanciulla con doti magiche in grado di mutare il suo aspetto in cigno. In questo caso la trasformazione è in gabbiano e non posso che pensare alle opere letterarie, ancora poco note, di Tolkien in cui c’è una simile vicenda trasformativa.

La danza verde,

La vitalità della danza è la vera protagonista di quest’opera, emergendo con maggiore enfasi grazie alle doti espressive della ballerina. Il vestito brilla dei vari toni di verde e si fa in un certo qual modo ammaliante, incantatorio, a tal punto da avere l’illusione di poter avvertire la musica sulle cui note sta avvenendo la danza. In questo caso lo sfondo è un luogo onirico, una quinta irreale, quasi forse un cielo di nubi rischiarate dal sole, come in una fiaba. La donna è profondamente concentrata e lo si può vedere anche dal fatto che ha gli occhi chiusi e si muove quindi sui passi della memoria, rievocando emozioni e suggestioni antiche e fantastiche.

Donna in rosso,

Una donna attraversa la strada con un’eleganza risoluta, mentre si rivolge con imperturbabilità all’osservatore. Siamo senza dubbio di fronte ad una figura di donna volitiva che attira l’attenzione e occupa lo spazio con naturalità unita ad una certa pungenza di carattere. Il cappotto lungo rosso contrasta con gli abiti neri attillati a catalizza la vista assieme al cappello dalle ampie falde. La donna ha le mani in tasca e forse ciò ci mostra un’indole scontrosa e graffiante di una figura navigata, che sa il fatto suo. Lo sfondo è quasi del tutto sfumato e ciò che focalizza l’attenzione è proprio questo colore rosso intenso che emerge, ma non perché squillante, bensì perché racchiude in sé l’emozione dei sentimenti.

Ballerina,

Una ballerina è raffigurata di spalle in un momento a metà tra un passo di danza ed uno di attesa, con la mente assorta nella corretta esecuzione della coreografia. La posa e l’abito listato ricordano vagamente le opere di Degas, notoriamente famoso per le sue ballerine, soggetti che lo attiravano anche per la loro dinamicità. Lo sfondo è nuovamente vago e aiuta a portare il nostro sguardo a due ulteriori dettagli della figura: la treccia nera e il fiocco rosso attorno al collo. Il primo è indice di una donna che ha cura di sé e non lascia nulla al caso, mentre il secondo è un tocco di colore che evoca atmosfere in questo caso romantiche. C’è come un senso di affetto che emerge qui, unito ad una pensosità che calibra, soppesa e ragiona attorno alle scelte sul da farsi. La danza è come la politica: si destreggia sopra il caos e solo la sovranità più allenata sa imbrigliarla.

L’articolo è proprietà intellettuale di Pierluigi Rossi