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Federica Fontolan, la via del modulo come indagine del reale.

Federica Fontolan è un’artista che utilizza la semplice tela in modo interessante, applicando ad essa la pratica di piegatura della carta che è l’origami. La sua riflessione artistica si muove a partire da delle unità di base, o moduli, che si accostano tra loro per raggiungere esiti progressivi che approfondiscono il pensiero iniziale. È un modo di fare arte matematico, geometrico, che gioca sulle forme più semplici per ricreare trame della natura e/o degli esseri umani che l’aiutano ad esprimere concetti complessi. Il colore fa certamente la sua parte e il dialogo tra le strutture e gli ornamenti particolari genera sensazioni che rimandano agli ambiti più diversi e inducono a pensare per categorie, idee generali. Questo è certamente frutto della riflessione dell’artista coadiuvata dalla figura di Alberto Biasi, esponente dell’arte programmata e cinetica internazionale, di cui la nostra è stata assistente artistica. Si deve sapere che l’artista utilizza sensori di movimento, e non solo, che creano nell’osservatore suggestioni per un’esperienza più attiva e dinamica.

Il cielo di Padova,  2012,

Siamo di fronte ad un’opera a cui avrebbe sorriso anche Giotto. Questo sistema geometrico, che piega la tela come un origami (secondo moduli lineari componibili), guarda con accuratezza alla volta stellata della cappella Scrovegni. In effetti quel cielo prezioso si basa su calcoli matematici precisi e conferisce all’edificio una regolarità che è specchio di quella del Dio pantocratore (creatore di tutto), secondo l’idea medievale. Si tratta di stelle ad otto punte rivestite d’oro in un cielo blu azzurrite. La reinterpretazione in chiave contemporanea è prima di tutto rispettosa dell’idea d’origine ed è in grado di riportare su di sé buona parte della spiritualità là presente. Questo omaggio è riuscito proprio perché alla base c’è lo stesso rigore geometrico che nella cappella si espande creando un effetto di infinito, difficile da riprodurre. Va segnalato come in quest’opera si aggiunga una terza dimensione che è la profondità. La cappella e questa tela sono opere comunicanti che riflettono entrambe sugli stessi temi e restituiscono un’immagine ritmata della volta celeste.

Trasformazione triangolare, 2015,

Il modulo della tela ha la facoltà di cambiare forma e colore, nonché di rivestirsi di elementi nuovi pur nella ripetizione delle figure di piegatura dell’origami. Il supporto in plexiglas trasparente conferisce un senso etereo che fa levitare l’opera e la isola dalla superficie su cui è posta. Il triangolo rosso è un segnale di pericolo e a questo richiama, non fosse per la superficie riflettente che fuoriesce dalle sue pieghe. Pare di vedere quelle gemme che si trovano al centro di massi o pietre, reputati di scarso valore, che una volta aperti sorprendono. È evidente lo sforzo creativo, anche nel calcolo della tela da utilizzare per ottenere le pieghe, che ragiona da un’unità di base scarna o meglio semplificata. Si tratta di ridurre l’arte alle forme elementari per portare la riflessione ad un livello geometrico che guarda all’essenza. Quest’opera è inoltre dinamica e si può cogliere un senso di movimento circolare che è anticipazione di forme nel pensiero odierno dell’artista. Può esserci una ulteriore immagine che rimanda a un qualcosa di vitale e cioè lo studio delle cellule in vitro da parte degli scienziati. C’è quindi un’idea di generazione a partire da una singola cellula/modulo, nasce qui un’arte viva.

Trasformazione triangolare modulare, 2015,

Lo stadio evolutivo si muove da un elemento singolare (in questo caso il triangolo) ad una molteplicità che è prodotto dell’unità di partenza che si trasforma nella complessità dell’insieme. Si può infatti riconoscere il modulo precedente replicarsi in un gioco caleidoscopico che inganna la vista. La trama più complessa che viene a formarsi ricorda quella di un merletto lavorato ad arte, oppure la regolarità speculare di un fiocco di neve. Si può inoltre vedere che tutt’attorno è presente come un’energia di colore rosso che contribuisce a dare un senso di vitalità meno preponderante rispetto all’opera precedente. In questo caso la cornice non è più trasparente, ma assume dei connotati evidenti che non fanno sembrare il tutto un esperimento in vitro. Sorge l’idea che si possa apprezzare maggiormente il singolo modulo per il semplice fatto di aver compreso la sua funzione tramite il molteplice. Si tratta di un’arte che compone la sua tela a seconda delle esigenze e degli effetti che via via si vogliono riprodurre. Non è un atteggiamento limitante, ma occorre saper gestire l’elemento base per non incorrere nel già visto e l’artista sa farlo.

Obliquamente, 2020,

Il titolo indica chiaramente come deve essere osservata quest’opera. Il modulo si è ridotto e sdoppiato in una modalità che gioca con l’occhio e lo illude, lo inganna, rendendo l’esperienza più accattivante. È difficile dire dove ci sia profondità e dove la tela si sollevi. Nuovamente il calcolo matematico è stato in grado di creare quest’opera e l’artista se ne è avvalsa con spirito creativo. Abbiamo a che fare con tre colori: un’ocra e due gradazioni di verdeacqua che si rapportano con il bianco della carta. In questo caso è cambiata la materia di partenza e il legame con la tecnica dell’origami è più vincolante. Il ragionamento artistico si approfondisce per approdare ad esiti prima inavvicinabili. Da notare come l’andamento delle linee non sia unidirezionale, ma crei degli snodi, dei percorsi contrastanti che a sorpresa riprendono delle forme più riconoscibili. Tanti piccoli rombi e/o quadrati ne compongono uno più grande: si sta formando un tessuto complesso, che sia alla base di un nuovo organismo?

Sinfonia, 2022,

I moduli bianchi della tela hanno fatto la conoscenza con i colori della carta e l’incontro ha sprigionato una gaiezza ritmata. Sembra che l’opera voglia dichiarare la complessità del reale rispetto ai tentativi, vani, di ricoprire ogni cosa con un colore neutro che omologa e rende anonimi. I colori sono vitalità, ognuno è ricordo di esperienze diverse che insieme sono in grado di creare un’armonia che parla del mondo. Le pieghe tendono verso l’alto e salgono e scendono come la superficie lunare dal cuore sgargiante (di un arlecchino). È la storia del mondo, la vita dove non c’è apparentemente nulla, la lotta elegante e dura che continua ad avvenire e ripetersi. Si tratta di un invito ad essere più sensibili e profondi, in grado di andare oltre le apparenze, e riscoprire il vero colore delle cose, il più autentico.

Invictus, 2023,

Lo sforzo creativo ha raggiunto un vertice, una vetta. È sorta una nuova forma, quella perfetta, il cerchio, che porta con sé tutti i suoi significati. Per riprendere il ragionamento precedente, quello organico, il modulo ha perso le sue asperità per evolversi e divenire qualcosa di nuovo: una cellula. Resta da chiedersi che cosa siano quegli spilli al centro che attraversano il fiore (dato dalla piega della tela). Sorge un’idea acquorea che ricorda gli aghi di una bussola, infatti gli antichi navigatori erano soliti farli galleggiare sulla superficie di una ciotola d’acqua. Potrebbe anche richiamare una sezione di cactus che rivelando il suo io più profondo offre un ulteriore sviluppo: l’andamento a spirale. C’è un vorticare che è in grado di guidare fuori dalle tempeste, un fiore elegante di un blu intenso che riempie lo spazio e si muove pur nella sua immobilità. C’è un magnetismo che invita alla contemplazione per cercare di carpire l’intimo segreto di quest’opera che si offre dolcemente, che può ricondurre in porto se si è in grado di leggerla nel modo giusto. Le pieghe della tela sono morbide, spesse, con una certa tensione che dà loro sostegno e permette di creare questo effetto. Si vede la perizia degli origami, il decorativismo minimale che è tutto ciò di cui c’è bisogno per questa creazione artistica funzionale e dinamica.

L’articolo è proprietà intellettuale del Dottor Pierluigi Rossi.